L’Action painting è arte o vernice colata? La risposta è: arte. Purtroppo, nell’immaginario comune si è soliti associare questa corrente al suo massimo esponente, Jackson Pollock ( Philadelphia Museum of Art ). Nulla a togliere al grande artista, ma sicuramente non è solo la sua tecnica che ha dato l’impulso alla nascita di questo movimento. Dobbiamo, a giusta ragione, aggiungere anche i nomi di Franz Kline ( Metropoltan Museum of Art ) e di Willem de Kooning ( Museo Thyssen ).
A questo punto tocca capire come, quando e perché sia nata questa corrente. Facciamo molti passi indietro nel tempo e catapultiamoci all’epoca della Seconda Guerra Mondiale, dove l’Europa è completamente divisa e gli artisti versano in condizioni disumane (come del resto tutti): chi è disperso, chi è isolato, chi è al fronte, chi è prigioniero e chi cerca di fuggire. In America la situazione è diversa e infatti alcuni dei massimi artisti europei si rifugiano soprattutto a New York per sfuggire alle persecuzioni naziste. Nasce l’esigenza di abbandonare ogni forma precostituita in favore di linee e colori accostati liberamente al di fuori di ogni razionalità. Pertanto, bisogna dipingere velocemente, seguendo l'impulso istintivo. È così che nasce l’espressionismo astratto, definito action painting («pittura d'azione»), perché esige di un movimento rapido e dell'azione, non solo della mano e del braccio, ma di tutto il corpo.
Il gesto del dipingere è da interpretarsi non come semplice atto automatico, ma come estensione diretta sul quadro dell’esperienza dell’artista.