La pena di morte è da sempre un tema che, al solo pensiero, smuove l’animo di chiunque. Come immagini la pena di morte? Nell’arte molti artisti hanno affrontato questo argomento, ma Francisco Goya e Édouard Manet si sono distinti per aver raccontato i fatti proprio come fanno gli attuali fotoreporter, immortalando il momento precedente la fucilazione.
Il 3 maggio 1808, firmato dell’artista spagnolo, rappresenta l’uccisione dei ribelli spagnoli contro l’invasione delle truppe francesi di Napoleone. La tela appare come una fotografia, molto cruda, che raffigura l’attimo prima della fucilazione dei cittadini spagnoli. Goya è riuscito a fissare l'istante che separa l'atto di premere il grilletto e la morte dell'uomo inginocchiato. Anziché dipingere gli eroi classici e il mito della guerra, l’artista ritrae con pathos una verità crudele, in cui dei civili senza nome verranno uccisi dai soldati invasori. È assente ogni idealizzazione, in quanto l’obiettivo è quello di descrivere un dramma denunciando l'orrore della guerra e delle sue immotivate ingiustizie.
L'esecuzione dell'imperatore Massimiliano dell’artista francese raffigura l’assassinio dell’imperatore Massimiliano d’Austria da parte dei ribelli del Messico. Manet, a differenza del collega, dal quale trae ispirazione, dipinge l’episodio con indifferenza, documentando i fatti di una morte inflitta freddamente da un plotone. In quest’opera non c’è sentimentalismo, ma solo azione, colta nell’attimo stesso della fucilazione, in cui il tempo si è bloccato in quell’istante.
Se il dipinto di Goya è pervaso da un’angoscia tragica e soffocante, quello di Manet, invece, presenta la terribile vicenda dell'esecuzione di Massimiliano come un fatto di cronaca.