La Venere: tra sensualità e malinconia

Venere, dea dell’amore e della bellezza femminile, è sicuramente la figura mitologica più rappresentata nel mondo dell’arte. Il suo irresistibile fascino ha ammaliato pittori e scultori di tutti i tempi, a partire dall’antichità. Due quadri molto famosi vanno particolarmente a braccetto, in quanto l’uno rimanda all’altro e le mani sapienti degli autori provengono dalla stessa scuola: si tratta della Venere dormiente di  Giorgione  ( Collezioni d’Arte Statali di Dresda ) e della Venere di Urbino di  Tiziano  ( Galleria degli Uffizi ). Stesso soggetto, stessa posa, stessa tecnica e stesso periodo. Ciò che cambia sono, invece, la location e l’interpretazione.

La Venere: tra sensualità e malinconia - foto 1

Mentre la prima Venere è raffigurata sdraiata, con un atteggiamento pudico, su una soffice coltre di stoffe di seta in mezzo ad un prato in aperta campagna, quella di Tiziano è stesa comodamente fra cuscini e lenzuola su di un letto posto all’interno di una ricca casa patrizia rinascimentale. All’inconsapevolezza della bellezza e della rarefatta delicatezza della prima Venere si contrappone la sfrontatezza orgogliosa di una Venere che, cosciente della sua sensualità, non prova alcun disagio nel mostrarsi allo spettatore. Nessuna delle due protagoniste è rappresentata come una dea, ma come una donna del Cinquecento che si è messa in posa, con un atteggiamento diverso, per farsi ammirare.

La Venere: tra sensualità e malinconia - foto 2

La posa delle figure femminili consente, attraverso un naturale confronto tra le due opere, di evidenziare i diversi temperamenti degli autori, che rispecchiano le “anime” della pittura veneziana: da un lato il morbido naturalismo e l’assorta malinconia, dall’altro la sensualità. Quale Venere preferisci?