Mark Rothko si è affermato nel panorama artistico come uno dei maggiori esponenti del Colorfield Painting, ossia quel movimento pittorico caratterizzato da una “pittura a campi di colore”. Questo movimento è contraddistinto dall’uso di grandi tele ricoperte interamente da estensioni di colore. Quindi, la sua pittura è costituita da grandi campi colorati dove le forme geometriche, per lo più rettangoli si sovrappongono l'una all'altra.
L’artista lettone adotta, nelle sue opere, un linguaggio pittorico astratto del tutto personale per creare una relazione che coinvolge l’osservatore e il dipinto. Le caratteristiche principali dei suoi quadri, quasi sempre di ampie dimensioni, sono la divisione della superficie in rettangoli e l’utilizzo del colore che viene distribuito in modo omogeneo fino a far quasi scomparire la traccia della pennellata ( Metropolitan Museum of Art ). Questi rettangoli colorati rapiscono lo spettatore, il quale viene catturato dall’immensità del quadro e imprigionato all’interno della composizione. Lo spettatore compie un viaggio, sia mentale che spirituale, all’interno dell’opera, grazie alla fusione del colore con la geometria dell’immagine. Ma non si tratta di un viaggio allucinatorio, perché i quadri di Rothko sono una rappresentazione della drammaticità e della tragedia esistenziale dell’artista. Dopo gli anni ’60, Rothko prende delle distanze dal cromatismo gioioso dei colori brillanti e vivaci per utilizzare colori più cupi, a causa di un malessere interiore che lo ha accompagnato per tutta la vita, finché, all’apice del successo, si suicida.